di Francesca Banti

C’è stato un giorno, tanto tempo fa, in cui per la prima volta hai pensato che eri sbagliato, che eri diverso lo sapevi già, ma fino a quel momento non era stato poi un grande problema. Però poi è successo qualcosa, magari tuo padre è rientrato in casa proprio mentre tu stavi giocando con indosso il vestito della Comunione di tua sorella e ti ha strillato, o magari quella zia ci è rimasta male quando ti ha regalato una macchinina e tu le hai risposto che non ti piaceva per niente, perché a te piaceva molto di più giocare con le bambole di tua cugina e mamma è intervenuta e ha detto che stavi scherzando. Allora hai avuto un dubbio, forte, che quelle reazioni dei tuoi genitori fossero dovute al fatto che c’era un problema e, visto che eri piccolo, l’unica cosa che hai pensato è stata che fossi tu il problema.

Ora vorrei che tu ripensassi a quel momento nella tua vita che assomiglia un po’ a questi episodi.

Vorrei che tu lo guardassi con gli occhi che hai adesso, gli occhi dell’adulto che sei diventato.

Che cosa provi?

Che cosa provi verso il bambino che sei stato?

Che cosa provi verso le persone che ti stavano intorno in quel momento?

Pensaci un attimo…

Io vorrei tanto che tu riuscissi a sentire, insieme a me, che non c’è davvero niente di sbagliato in quel bambino, in tutti quei bambini, semplicemente perché i bambini sbagliati non esistono.

E che cercassi dentro di te una tenerezza verso quel bambino, che ha fatto questo pensiero perché era piccolo, e perché quando la mente è così giovane, e nessuno ti spiega per bene quello che sta succedendo, è più semplice pensare di essere tu il problema. Risolve le cose e salva il tuo rapporto con gli altri, che è l’unica cosa che importa davvero a ogni bambino: proteggere la sua relazione con i suoi genitori perché la sua sopravvivenza dipende da loro. Vorrei che imparassi che è l’istinto primordiale di sopravvivere che fa pensare ai bambini che il problema sono loro.

Poi vorrei che guardassi in quel ricordo gli adulti che ci sono e che li guardassi con grande attenzione: cosa stavano provando in quel momento? E’ possibile che fossero spaventati? E’ possibile che, subito prima di quella faccia strana, ci sia stato un istante in cui hanno sgranato gli occhi e che un brivido di paura li abbia attraversati? Perché io credo che nella maggior parte dei casi sia successo questo.

E allora dobbiamo parlare un poco di quella paura, della paura che hanno i genitori che loro figlio sia differente dagli altri figli. Della paura che hanno di essere loro ad essere sbagliati, ad aver sbagliato qualcosa, della paura che hanno che tu possa non essere mai felice, della paura semplice e pura di qualcosa che non capiscono e che forse non vogliono neanche capire, perché li mette così tanto in difficoltà che preferiscono evitare di pensarci.

Che cosa provi oggi verso di loro e verso la loro paura?

Che cosa ne hai fatto nella tua vita di tutti questi pensieri, di tutte queste emozioni e sentimenti e di tutte quelle sensazioni fisiche?

Che conseguenze hanno nel tuo presente? E in che modo ancora ti influenzano?