di Francesca Banti

C’è stato un giorno, tanto tempo fa, in cui hai sentito una bambina dire a ricreazione, tutta rossa in viso, che le piaceva un bambino di un’altra classe, e tutte le bambine intorno hanno riso e avevano gli occhi che brillavano. Tu le hai guardate, poi hai guardato il bambino che stavano indicando, e hai pensato che a te non piaceva proprio per niente quel bambino, che trovavi molto più carine loro, soprattutto una di loro. E ti sei accorta che quello stesso sorriso, quel calore sulle guance e quegli occhi che brillano, a te venivano quando pensavi o guardavi quella bambina, e che non ti era mai successo guardando un maschio.
Lì per lì ti è sembrato un po’ strano, infatti non lo hai detto a nessuno, nemmeno alla tua migliore amica. Poi però hai continuato a pensarci un po’ su, perché ti sei accorta che quei discorsi le bambine della tua classe hanno iniziato a farli sempre più spesso ed è capitato che qualcuna ti chiedesse chi era secondo te il bambino più carino, e tu non sapevi proprio che rispondere; magari hai solo detto il nome del bambino che piaceva di più a tutte le altre, oppure ti sei limitata a dire che non ti piaceva nessuno.

Poi hai cominciato ad annoiarti sempre di più con le altre bambine e hai scoperto che andare a giocare a calcio con i maschi era tanto più divertente. E hai cominciato a litigare con mamma perché tu la gonna la mattina non volevi proprio metterla, era così scomoda per arrampicarsi sugli alberi e rischiavi anche di venire presa in giro se si alzava mentre correvi. E’ arrivato carnevale e mamma ti ha chiesto da che cosa volevi vestirti, tu hai risposto senza esitazione “Da Zorro!”, mamma invece ti ha comprato un vestito da principessa e tu ti sei arrabbiata.
Hai cominciato a sentirti diversa, diversa in un modo che era sbagliato, in un modo che non andava detto, in un modo che andava nascosto agli altri.
Se oggi, con gli occhi dell’adulta che sei diventata, riguardi quei momenti, che cosa provi?
Che cosa provi per la bambina che sei stata?

Io vorrei tanto che tu trovassi in te un poco di tenerezza per quella bambina e per tutte le bambine che si sono sentite sbagliate. E vorrei che provassi a dirle qualcosa, oggi, a quella bambina, vorrei che le dicessi che non si deve più nascondere e che non c’è niente di sbagliato nel fatto che le piacciano le femmine, che è una cosa naturale, che succede a tante persone. Vorrei soprattutto che le dicessi che tu le vuoi bene così com’è, che lei è perfetta così com’è. Anche se mamma e papà non sono stati contenti quando lo hanno saputo o se immagini che non saranno contenti quando finalmente riuscirai a dirglielo.
Sentirsi diversi dagli altri è tanto difficile, ancora oggi, che abbiamo una legge sulle unioni civili.

Sentirsi diversi dagli altri fa sentire fuori dal gruppo, isolati, in pericolo. E questo è un istinto antico legato alla sopravvivenza. Nei nostri geni, nella profondità del nostro inconscio, è sepolta una legge che ci dice che abbiamo più possibilità di sopravvivere se siamo all’interno di un gruppo. Quindi, quando ci sentiamo fuori dal gruppo, abbiamo questa percezione forte che ci sia qualcosa di sbagliato, che ci sia qualcosa di pericoloso e questo ci rende tristi e angosciati.

Anche se questo non è più vero oggi, anche se non è vero che sei sola, perché hai tante persone intorno a te che ti vogliono bene e, soprattutto ora che sei grande, non è vero che sei in pericolo.
Ma quella bambina, dentro di te, che si è sentita diversa e sbagliata, questa cosa non la sa e ha bisogno che tu gliela dica. Proprio ora. E che gliela ripeta, tante volte come piace ai bambini: che non è in pericolo, che non è sola, che non è poi così diversa, ma che è unica e che la sua unicità è un’infinita bellezza.

Riesci a dirglielo?